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Anime, storia e altro

Ultimo Aggiornamento: 18/12/2011 13:36
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18/12/2011 13:36

Le origini
Il principio della storia dell'animazione giapponese può farsi risalire già al periodo tra la fine del XVIII secolo, con la comparsa in Giappone dell'utsushie (il teatro delle ombre), e l'inizio del XIX, quando alcuni pittori presero a riprodurre dettagliatamente sequenze di movimenti, come nel caso delle danze orientali disegnate da Katsushika Hokusai; tuttavia, i veri pionieri dell'animazione giapponese, colpiti dalle prime opere occidentali arrivate nel Sol Levante, furono il pittore Seitaro Kitayama, ed i vignettisti Oten Shimokawa e Jun'ichi Kouchi.

Basandosi su soggetti tradizionali, nel 1914 furono proprio loro ad iniziare a sperimentare, ognuno per conto proprio, delle tecniche di animazione rudimentali come, ad esempio, fotografare in sequenza disegni realizzati col gesso su una lavagna. Nel 1917, a pochi mesi l'uno dall'altro, furono presentati diversi filmati d'animazione frutto della loro fatica, all'epoca chiamati senga eiga (,film di linee). Il primo a partire pare sia stato, nel 1916, Seitaro Kitayama con Saru Kani Gassen, prodotto dalla Nikkatsu, anche se ad essere proiettato per primo fu Imokawa Mukuzo Genkanban no Maki di Oten Shimokawa nel marzo del 1917, seguito a maggio dall'opera di Kitayama e a giugno da Hanawa Hekonai Meito no Maki di Jun'ichi Kouchi, che introdusse per la prima volta l'uso delle sfumature di grigio per le ombre. Del 1918 è invece Momotaro, ancora di Kitayama, proiettato con successo anche in Francia. Certamente da menzionare tra i pionieri pure Sanae Yamamoto, che nel 1925 realizzò il cortometraggio Ubasute yama, e Noburo Ofuji, autore nel 1927 di Kujira, realizzato con una tecnica innovativa che conferiva maggiore fluidità ai movimenti rispetto al passato, e primo senga eiga ad essere importato e distribuito in Europa. In particolare, Ofuji utilizzò una carta semitrasparente (chiyogami) su cui disegnò le silhouette dei personaggi, con risultati di maggiore suggestione nelle trasparenze e nelle ombre.

Nel 1932 vide quindi la luce la prima produzione con il sonoro parlato, Chikara to Onna no Yo no Naka di Kenzo Masaoka, che tuttavia non reggeva ancora il confronto con le coeve produzioni americane. Proprio negli anni trenta, tuttavia, la politica espansionistica e nazionalista del Governo giapponese prese ad imporre uno stretto controllo sull'industria cinematografica e, conseguentemente, anche la produzione di animazione, caratterizzata da una cronica carenza di fondi, venne incoraggiata e finanziata soprattutto come strumento di propaganda e valorizzazione della cultura nipponica. E così il primo lungometraggio animato giapponese, Momotaro Umi no Shinpei di Mitsuyo Seo, venne prodotto nel 1943 con fondi della Marina Imperiale per raccontare la storia patriottica di Momotaro, che con il suo esercito di animali antropomorfi pone sotto assedio e conquista una base navale nemica in Nuova Guinea. Complessivamente, tra il 1917 ed il 1945 furono realizzati almeno 400 filmati d'animazione, dei quali, tra terremoti, bombardamenti e censura governativa, è rimasto ben poco.

Finita la seconda guerra mondiale, la situazione dell'animazione giapponese mutò radicalmente, nel senso che la grave crisi economica conseguente rese molto difficile l'impegno di risorse nel settore. Ci vollero diversi anni perché l'attività riprendesse in modo costante, e la produzione che segnò l'inizio vero e proprio della «nuova era dell'animazione nipponica» fu anche il primo lungometraggio animato a colori, nonché primo della neonata Toei Dōga: si tratta di Hakujaden di Taiji Yabushita (co-fondatore della Toei insieme a Sanae Yamamoto), realizzato nel 1958 e distribuito anche in Occidente (in Italia con il titolo "La leggenda del serpente bianco"). Ad esso seguirono numerosi altri lungometraggi, quasi tutti prodotti dalla Toei, tra i quali Shonen Sarutobi Sasuke nel 1959, Saiyuki di Osamu Tezuka nel 1960, Anju to Zushiomaru nello stesso anno, e Arabian nights - Sindbad no boken nel 1962, anch'essi distribuiti in Occidente.

Manga e televisione: nasce l'industria dell'anime
Il 1° gennaio 1963, giorno della messa in onda del primo episodio della serie televisiva in bianco e nero Tetsuwan Atom (Astro Boy )di Osamu Tezuka , può essere senz'altro considerata la data di nascita dell'industria moderna del cartone animato giapponese: prodotta dalla Mushi Production, fondata dallo stesso Tezuka, e tratta dal suo omonimo manga, la serie riscuoterà un grande successo anche all'estero, e conterà alla fine ben 193 episodi, l'ultimo dei quali trasmesso in Giappone alla fine del 1966. Primo anime televisivo, Tetsuwan Atom è, assieme al coevo Tetsujin 28-Go (Super Robot 28) tratto dal manga di Mitsuteru Yokoyama, anche il primo anime robotico, capostipite di un filone certamente tra i più rappresentativi dell'animazione giapponese, che conoscerà il suo apice negli anni settanta con le saghe dei super robot di Go Nagai ed il realismo inaugurato da Yoshiyuki Tomino. Ulteriore e definitivo impulso alla neonata industria dell'animazione del Sol Levante venne poi ancora da Osamu Tezuka, che nel 1965 realizzò sempre con la Mushi anche la prima serie televisiva animata a colori, Jungle Taitei (Kimba il leone bianco), basata su un altro suo manga; da questa due anni dopo trasse il lungometraggio omonimo, molto più rifinito, che arrivò in Italia "camuffato" da produzione americana con il titolo "Leo il re della giungla", e con il quale vinse il Leone d'oro alla XIX Mostra del Cinema per Ragazzi di Venezia.

Dalla metà degli anni sessanta in poi la scena dell'animazione giapponese conosce sostanzialmente una crescita continua, gli studi di produzione si moltiplicano, si affinano sempre più le tecniche, e le televisioni private, così come la televisione di Stato NHK aumentano progressivamente la loro domanda di serie animate. Inoltre, sin dal principio e sempre più spesso, i personaggi degli anime vengono sfruttati a fini pubblicitari per i prodotti più disparati, garantendo così alle case di produzione entrate ulteriori, e comincia anche a prendere piede il finanziamento diretto delle serie da parte dei produttori di giocattoli, soprattutto nell'ambito del genere robotico, finalizzato al successivo merchandising di modellini. Fino agli anni ottanta si parlerà dunque di vero e proprio anime boom, alimentato anche dalla diffusione dei videoregistratori e dalla conseguente esplosione del mercato home video, cui sarà destinato un apposito tipo di produzione, il cosiddetto Original Anime Video (OAV), nato ufficialmente nel 1983 con l'opera di fantascienza Dallos. Nell'arco di oltre un trentennio, poi, la produzione, per venire incontro alle richieste di un pubblico sempre più vasto e variegato, si articolerà in una molteplicità di generi e sottogeneri, del tutto sconosciuta nel mondo dell'animazione televisiva occidentale, e ciò sia prelevando a piene mani dall'enorme serbatoio creativo dei manga e della cultura tradizionale giapponese, sia grazie all'emergere di autori originali che ne segneranno la storia, quali tra gli altri Isao Takahata, Hayao Miyazaki, Mamoru Oshii e Katsuhiro Ōtomo. Dal dopoguerra alla metà degli anni novanta si stimava fossero state prodotte, tra serie TV, OAV e lungometraggi, complessivamente circa 3.000 opere ufficiali, di cui al 1990 ben 350 importate in Italia.

A cavallo tra gli anni ottanta e novanta, tuttavia, se la produzione home video si consolida, l'animazione seriale televisiva conosce, invece, una vera e propria fase di stanca, anche per la prepotente crescita del mercato dei videogiochi da casa. Ci vorranno quindi alcuni anni perché i creativi dell'animazione nipponica trovino un'efficace risposta alla crisi, individuata nella serie Shin Seiki Evangelion (Neon Genesis Evangelion) di Hideaki Anno, che nel 1995 ha imposto con successo i canoni della cosiddetta "Nuova Animazione Seriale" giapponese. In quest'opera è, infatti, possibile riscontrare tutte quelle innovazioni che hanno consentito la rinascita tecnica ed artistica dell'anime televisivo, ossia una maggiore autorialità, la concentrazione delle risorse in un minor numero di episodi (13 o al massimo 26), un'impostazione registica più vicina alla cinematografia dal vero, un drastico ridimensionamento del rapporto di dipendenza dai soggetti dei manga ed una maggiore libertà dai vincoli del merchandising. È nell'ambito di questo rilancio che quindi emergono nuovi talenti e figure di riferimento quali, oltre al già citato Hideaki Anno, Satoshi Kon e Shinichirō Watanabe.

Anime
Dall'abbreviazione di animēshon, traslitterazione giapponese della parola inglese animation, ("animazione") è un neologismo con cui in Giappone, a partire dalla fine degli anni settanta, si indicano l'animazione ed i cartoni animati, fino ad allora chiamati dōga eiga (,'film animato'’) o manga eiga (,film di un manga),mentre in Occidente viene comunemente utilizzato per indicare le opere di animazione di produzione giapponese.
Esso è potenzialmente indirizzato ad ogni tipo di pubblico, dai bambini, agli adolescenti, agli adulti, fino ad arrivare ad una specializzazione del targeting sostanzialmente mutuata da quella esistente per i manga (fumetti giapponesi), con anime pensati per categorie socio-demografiche specifiche quali impiegati, casalinghe, studenti, e via dicendo. Essi, pertanto, possono trattare soggetti, argomenti e generi molto diversi tra loro come amore, avventura, fantascienza, storie per bambini, letteratura, sport, fantasy, erotismo ed altro ancora.

Animazione limitata
Circa la genesi e la peculiarità del linguaggio e dello stile degli anime – ammesso che oggi sia ancora possibile parlarne in termini generali data la loro varietà – può dirsi senz'altro che si sia fatta di necessità virtù. La principale caratteristica di questo medium, ossia quella che taluni chiamano animazione limitata, trova infatti la propria ragion d'essere nell'iniziale necessità delle produzioni di sopperire alla cronica scarsità di risorse economiche. Dai quindici disegni al secondo, tipici della media della Disney, i creatori delle prime serie animate giapponesi si videro costretti a scendere fino a cinque, risparmiando soprattutto nelle pose intermedie, con la conseguenza di un'animazione sicuramente meno fluida. È proprio per ovviare a questo inconveniente, quindi, che si stabilì da subito uno stile narrativo assolutamente originale, fondato da un lato sul massimo sfruttamento delle tecniche di ripresa (in aperta violazione della regola d'oro di Norman McLaren secondo cui in animazione non si deve mai muovere il disegno, ma disegnare il movimento), e dall'altro sulla forza del soggetto. La "rivoluzione" degli anime può pertanto riassumersi in tre capisaldi: enfatizzazione del movimento attraverso le tecniche di ripresa, storie avvincenti ed efficaci, enormi carichi di lavoro per gli staff, rispetto ai quali la fluidità disneyana smette quindi di essere una necessità narrativa, lasciando spazio ad un linguaggio del tutto nuovo e stimolante, in quanto spesso è l'immaginazione dello spettatore a dover completare le ellissi rappresentative.

Regia cinematografica
Una delle innovazioni cruciali introdotte dagli anime è dunque quella delle tecniche di ripresa utilizzate per compensare l'animazione limitata, molto simili a quelle impiegate nella regia cinematografica. Tra i movimenti di camera e gli effetti più usati si possono distinguere: il fix, ossia il fermo immagine; lo sliding, lo scorrimento del disegno attraverso l'inquadratura; lo zoom, in cui la cinepresa si avvicina o si allontana; il fairing, una tecnica basata sul posizionamento e la distanza relativa dei disegni per accelerare o rallentare il movimento di un elemento; il pan, quando la cinepresa effettua una panoramica orizzontale del frame; il tilt, quando la panoramica è verticale; il follow, simile al pan, con la cinepresa che segue l'azione, o un singolo elemento della stessa da ferma (follow pan) oppure ancora lo stesso elemento ma fianco a fianco (tracking); il fading, ossia la dissolvenza al nero o incrociata (spesso su un fotogramma fisso molto curato); il wipe, in cui l'immagine successiva spinge quella precedente fuori dall'inquadratura; lo split screen, in cui l'inquadratura viene suddivisa in più parti, ciascuna con una visuale diversa della stessa scena; il backlighting, in cui al frame viene aggiunto un cel nero tranne che per la parte che si vuole illuminare.

Dilatazione temporale
Diverse delle tecniche di ripresa sopra illustrate (fix, fading, pan) risultano peraltro funzionali a quella che viene definita la dilatazione temporale degli anime. Prendendo le mosse dal fatto che per la mentalità e la spiritualità giapponesi non ha molto senso parlare del tempo in termini cronometrici, di misura oggettiva, dato che esso non ha inizio né fine, si può affermare che ciò che conta è invece la qualità dell'istante, l'intensità con cui lo si vive. Per questo negli anime ci si ritrova spesso dinnanzi a momenti "eterni", in cui il tempo della narrazione coincide con quello dell'emozione, così che quanto più questa è intensa tanto più l'attimo si estende, fino a porsi fuori dal tempo, in un fermo immagine, in una panoramica, in una dissolvenza. Un rallentamento enfatico che può portare un combattimento, una partita o un incontro di pochi istanti a durare per più di un episodio, con uno scopo che certamente non è più quello di economizzare, quanto quello di aumentare la tensione e la partecipazione emotive, come nella migliore tradizione cinematografica, dall'espressionismo tedesco ad Ejzenštejn, fino al cinema di genere americano ed europeo, noir innanzitutto.

I segni degli anime
Sempre in tema di linguaggio, non va trascurata la particolare simbologia grafica degli anime, in gran parte mutuata da quella dei manga. Frequente è infatti il ricorso alle linee cinetiche per esaltare i movimenti, l'uso espressivo dei fondali per sottolineare lo stato d'animo dei personaggi, la resa iperbolica dei gesti per aumentare il pathos; ma anche tutta una serie di espedienti grafici tipici dei fumetti, spesso utilizzati in chiave comica, quali la goccia di sudore per significare imbarazzo o tensione, la bolla dal naso per indicare il sonno profondo, oppure l'improvvisa rappresentazione in stile super-deformed del personaggio. Forse, però, il segno più caratteristico negli anime è dato dal modo di rappresentare gli occhi, spesso molto grandi o comunque preponderanti rispetto al resto del viso, la cui ragion d'essere, al di là di inconsistenti speculazioni, va ravvisata senz'altro nella maggiore resa espressiva.

Gli anime in Italia

La prima "invasione"
I primi anime ad arrivare in Italia sono stati alcuni lungometraggi distribuiti nei cinema tra il 1959 ed il 1975, tra i quali, oltre ai già citati Hakujaden, Saiyuki e Jungle taitei, Andersen monogatari del 1968, tradotto in Le meravigliose favole di Andersen, Taiyo no oji - Horusu no daiboken dello stesso anno, distribuito con il titolo La grande avventura del piccolo principe Valiant, e Nagagutsu o haita neko del 1969, edito con il titolo Il gatto con gli stivali. Tuttavia la vera svolta nella diffusione degli anime in Italia si è avuta nella seconda metà degli anni settanta, con l'importazione di serie televisive da parte, inizialmente, della televisione di Stato. Nel settembre 1977 la Rete 2 (oggi Raidue) diede infatti il via alla messa in onda di Vickie il vichingo (Chīsana Viking Vikke), il primo cartone animato giapponese trasmesso in Italia, seguito nel 1978 da Heidi (Alps no shōjo Heidi) e Atlas UFO Robot (UFO Robot Grendizer).

L'Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad importare anime, e soprattutto tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta furono oltre un centinaio le serie acquistate (probabilmente come in nessun altro paese occidentale), sia ad opera della RAI-TV, sia delle emittenti private liberalizzate nel 1976 (in maggior misura le reti che poi sarebbero diventate Fininvest, ma anche altre realtà prettamente locali).

A partire però dalla metà degli anni ottanta, soprattutto a causa di una crescente campagna di demonizzazione degli anime operata da buona parte dell'opinione pubblica, la RAI iniziò ad importare sempre meno serie, e per oltre un decennio restò praticamente solo il gruppo Fininvest a proporre qualche novità. Per lo più si trattava di serie indirizzate ad un pubblico di età più bassa (ma ciò non impediva censure), o di serie prevalentemente shōjo, mentre i pochi prodotti shōnen venivano dirottati sui circuiti di reti locali associati al gruppo (Italia 7, Odeon TV). Le reti private locali, invece, si limitarono per anni a trasmettere repliche delle serie acquistate in precedenza, in quanto le sempre più elevate spese per l'acquisizione dei diritti e per il doppiaggio imponevano loro tabelle di marcia rallentate per l'importazione di nuove opere.

Second Impact
Tali circostanze hanno determinato un grosso ritardo per quanto riguarda la distribuzione di nuovi anime in Italia (tanto nel mercato televisivo quanto su DVD o VHS), colmato soltanto in parte nel corso della seconda metà degli anni novanta grazie alla crescita del genere nel mercato home video, da taluni definita il «Second Impact» dell'animazione giapponese in Italia. A partire dal 1999, tuttavia, reti nazionali come MTV Italia, ed in misura minore La7, hanno iniziato a trasmettere regolarmente animazione giapponese proprio grazie ad accordi stretti con i maggiori editori italiani di home video del settore, quali soprattutto Dynit, Panini Video e Shin Vision, all'epoca ancora attiva. Specialmente la scelta editoriale di MTV ha contribuito in maniera notevole al citato Second Impact dell'animazione nipponica, favorendo l'ulteriore espansione del mercato e l'importazione di serie studiate in particolar modo per il suo pubblico di riferimento, vale a dire la fascia di età degli over 14. Le sinergie messe in campo con gli editori di home video hanno, inoltre, consentito apprezzabili risparmi sull'acquisto dei diritti ed una qualità media degli adattamenti molto elevata. Gli accordi tra MTV e le case editrici hanno anche favorito particolari trasmissioni a scopo promozionale, quali, nella notte tra il 12 ed il 13 dicembre 2000, la "maratona" Robothon, comprendente vari primi episodi di anime robotici (da cui il nome), e le due Anime week durante l'ultima settimana di settembre del 2005 e del 2006, in cui la trasmissione di anime in via promozionale costituiva buona parte della programmazione giornaliera della rete. In tutti questi casi, oltre ad episodi regolarmente doppiati, ne sono stati trasmessi alcuni solo sottotitolati, principalmente in seconda serata. Qualcosa di simile ha fatto anche Italia 1, del gruppo Mediaset, con le sue cosiddette Notti Manga, programmi promozionali andati in onda in fascia notturna tra il 1999 ed il 2001, in cui sono stati trasmessi in aggiunta alla programmazione standard pomeridiana alcuni anime editi dalla Yamato Video.

Negli ultimi anni anche internet è diventata un nuovo canale distributivo globale per gli anime, sia per iniziativa delle stesse case di produzione, che sempre più di frequente rilasciano le opere inizialmente come ONA per Web TV, sia ad opera di privati che le diffondono però in modo illecito. Nell'ultimo caso si possono distinguere due tipologie: l'immissione in rete di copie di prodotti già rilasciati in Italia, ovvero di copie di prodotti inediti nel mercato italiano sottotitolati da gruppi amatoriali, cosiddetti fansub. In quest'ultimo caso i gruppi in genere si impegnano a sospendere la distribuzione quando i diritti per quel preciso titolo vengono acquistati in patria e a non trarre lucro dall'attività, che rimane comunque illecita per la violazione del diritto d'autore.

La vexata quaestio della censura
In Italia, a partire dalla metà degli anni ottanta, l'animazione giapponese ha però subito nei passaggi televisivi sulle reti nazionali (RAI e soprattutto Fininvest/Mediaset) una censura sistematica, operata attraverso adattamenti inadeguati, traduzioni superficiali dei copioni originali, giunti talvolta incompleti, tagli e modifiche arbitrarie. A causa di un equivoco culturale di fondo, che in Italia e in Occidente vuole l'animazione rivolta sempre e solo ai bambini, molti anime destinati originariamente ad adulti o adolescenti sono stati infatti adattati forzatamente per una fascia di età infantile. Il cambiamento di target ha così comportato una revisione, se non talvolta la riscrittura dei dialoghi, per edulcorarli e renderli fruibili da un pubblico molto più giovane, ed il taglio di sequenze o, più raramente, di intere puntate, ritenute non adatte ad una platea infantile. Anche per questo l'associazione Moige (Movimento italiano genitori), come pure giornalisti e psicologi, hanno spesso criticato gli anime, rei di presentare contenuti ritenuti inadatti ai bambini. I cultori dell'animazione nipponica si sono a loro volta organizzati in associazioni quali l'ADAM Italia, con l'obiettivo di tutelare l'integrità delle opere e restituirle al pubblico per cui erano state pensate originariamente. In Giappone, come detto, l'animazione è infatti considerata, al pari della cinematografia, una forma d'espressione artistica che può veicolare contenuti d'ogni genere e tipo, destinati a fasce d'età differenziate.

A segnare una svolta hanno comunque molto contribuito le sopra cennate scelte editoriali di MTV, che effettua le sue trasmissioni di animazione giapponese in fasce orarie appropriate ed in versione identica all'edizione proposta per il mercato home video dagli editori italiani; nella maggior parte dei casi, quindi, la trasmissione è del tutto priva di censure (come avvenuto nel caso di Ranma 1/2), anche se per certi prodotti (ad esempio Golden Boy o gli OAV di Kenshin Samurai vagabondo) è stata scelta la doppia programmazione: censura delle scene ritenute inadatte nella trasmissione in prima serata, e versione integrale durante il passaggio in tardo orario. In tema va anche segnalata la trasmissione notturna senza censure su Italia 1 della serie TV seinen Berserk nel 2001, e dei film Tokyo Godfathers e Cowboy Bebop, nel 2006. Per quel che riguarda la RAI, invece, l'unico timido tentativo, oltre ad alcune serie del World Masterpiece Theater ed al film Akira messo in onda su Raitre, è stata la trasmissione integrale su Raidue di vari film ed OAV della saga di Dragon Ball nel 2000-2001.

Impatto culturale
L'animazione giapponese ha avuto un significativo impatto sulla cultura dei giovani italiani nati dalla fine degli anni sessanta in avanti, la cui infanzia ne è stata caratterizzata. In particolare, per la prima generazione di spettatori di anime, quella degli anni settanta, i personaggi delle serie giapponesi dell'epoca sono diventati un topos letterario, nonché un elemento di identificazione generazionale, permeando l'immaginario collettivo e la cultura popolare anche a livello di massa (si pensi ad esempio ai numerosi riferimenti all'animazione giapponese contenuti nei brani del cantautore Caparezza, o a gruppi musicali come i Meganoidi). Su internet ciò ha dato luogo a punti di ritrovo virtuale molto partecipati, come il newsgroup it.arti.cartoni, mentre prolifera una miriade di siti web amatoriali dedicati all'animazione giapponese, così come veri e propri quotidiani e riviste periodiche elettronici (webzine), quali AnimeClick e l'ormai inattiva Wangazine.

Anche in ambito scientifico si moltiplicano testi e saggi, spesso scritti proprio da ricercatori e studiosi di quella generazione, che trattano di anime e manga riscoprendoli e rivalutandoli come fenomeno culturale e sociologico.

A tanto ha contribuito anche un fenomeno prettamente italiano, quello delle sigle televisive degli anime: ritenendo gli originali cantati in giapponese inadatti ai bambini italiani, sin dalla fine degli anni settanta essi vennero molto spesso sostituiti da brani appositamente realizzati in lingua italiana, spesso scritti da musicisti come Vince Tempera o I cavalieri del re. Successivamente, le sigle dei cartoni animati divennero un fenomeno discografico di rilievo, particolarmente tramite l'attività di Cristina D'Avena a cui la Fininvest/Mediaset ha affidato quasi tutte le sigle degli anime trasmessi a cavallo tra gli anni ottanta e novanta, spesso anche sostituendo le vecchie sigle italiane con delle nuove. A partire dalla seconda metà degli anni novanta, si è sviluppato un rilevante fenomeno di revival di questo genere di brani, prima on line, tramite il Progetto Prometeo, e poi anche in televisione ed in radio; si sono inoltre affermati gruppi musicali specializzati nel riproporre o parodiare questi brani, come gli Amici di Roland e i Gem Boy.

I motivi della censura
In Italia i cartoni animati sono considerati un prodotto destinato esclusivamente ai minori, e che come tale deve rispettare certi canoni di linguaggio e di contenuto. Inoltre, la maggior parte dei cartoni trasmessi in Italia sono anime importati dal Giappone. In tale paese, dove gli anime sono un prodotto con un mercato molto vasto e competitivo, gli anime vengono visti da una vasta gamma di spettatori, di tutte le età, e proprio per questo motivo ne vengono prodotti tipi differenti, per target differenti. Per ogni fascia d'età esiste così un adeguato orario di programmazione, dalla mattina alla notte fonda in base ai contenuti del prodotto.

Le reti italiane tendono ad uniformare tutti i tipi di anime per il target specifico di minori, senza preoccuparsi del target al quale era originariamente rivolti. Questo comporta spesso pesanti censure, ritenute indispensabili per le fasce di utenza più giovani, nelle parti considerate inopportune per una trasmissione pomeridiana e inappropriate per un pubblico infantile. Il motivo principale per cui i cartoni vengono trasmessi in fascia non protetta è legato al merchandising degli anime in questione: la pubblicità di oggetti legati ad un programma tv o ad un cartone animato ha un target composto da bambini e pre-adolescenti.

Delle eccezioni possono essere trovate in alcune reti televisive, come MTV, che ha trasmesso diversi anime (tra cui la famosa serie anime night) in particolari orari, soprattutto a tarda sera.

Censure tipiche

Scene di sesso, nudo e semi-nudo
In molti anime destinati ad un pubblico over 14 non è raro trovare scene vagamente erotiche. Anche se sono molto rare scene di sesso esplicito in un anime, si trovano spesso episodi in cui si vedono nudi o seminudi di personaggi femminili. Queste sequenze sono generalmente tagliate lì dov'è possibile o rallentate col fermo-immagine, per poi essere in parte evitate. Esempi di censure di questo tipo si trovano in alcuni episodi di Occhi di gatto, Il mistero della pietra azzurra e Dragon Ball, ma soprattutto in Ranma ½. Il caso più eclatante è forse quello della serie È quasi magia Johnny, in cui è stata censurata la scena di un bacio tra i protagonisti, nonostante questa sia comunque presente nella sigla italiana del cartone.

Scene di violenza
In altri anime sono censurate scene in cui i personaggi muoiono o si feriscono vistosamente, e scene in cui subiscono graffi o ricevono schiaffi. Inoltre la parola 'morte' e il verbo 'morire' vengono sostituiti in sede di doppiaggio con i più blandi 'sparire' o 'andare all'altro mondo', come nel caso di Dragonball Z e One Piece. Nelle versioni censurate di anime come I Cavalieri dello Zodiaco vi sono innumerevoli inquadrature scolorite fatte per cambiare il colore del sangue. Da notare comunque come ad un certo punto della serie di Detective Conan, anime basato proprio sugli omicidi e sui gialli polizieschi, si sia iniziato ad usare termini appropriati come ucciso e assassinato.

Modifiche alla trama

Adattamento termini

Molti adattamenti (per fare un esempio comune in Dragon Ball Kamehameha è divenuto Onda energetica) molto spesso non rispecchiano la reale traduzione del termine, soprattutto in italiano, mentre trovano in genere una più stretta affinità negli adattamenti inglesi.

Età dei personaggi
A volte viene variata l'età dei personaggi della serie, in genere aumentandola di qualche anno e cambiandone anche il livello scolastico frequentato (dalle medie alle superiori). Questo è dovuto al fatto che spesso i personaggi, durante la storia, intraprendono relazioni sentimentali e amorose con altre persone e si imbattono in situazioni più mature e difficili, legate al mondo degli adulti. Si preferisce quindi alzare l'età media per adattare meglio l'anime anche verso il possibile pubblico di adolescenti, nonostante tali prodotti siano già di per sè indirizzate ad una fascia di utenza più matura. Un esempio è Card Captor Sakura dove l'età della protagonista era stata innalzata dai 10 ai 14 anni,ottenendo,di conseguenza, nel doppiaggio italiano,una voce più adatta a un'adolescente che ad una bambina.

Dialoghi aggiuntivi o modificati
Un esempio celebre di dialoghi aggiuntivi si trova nella serie I Cavalieri dello Zodiaco dove i dialoghi, oltre a essere modificati, sono stati aggiunti lì dove i personaggi non dicono nulla. Un altro caso famoso è Dragon Ball: la voce narrante dovrebbe commentare in genere solamente all'inizio e alla fine dell'episodio in onda, allo stesso modo i due personaggi avversari durante la lotta dovrebbero guardarsi in silenzio (per aumentare il livello di tensione) ma in realtà sono stati aggiunti dialoghi mentali di pura fantasia. Ciò accade anche quando ad alcune scene sono legati eventi delicati, come un rapporto sentimentale o un avvenimento tragico/violento. In questi casi i dialoghi sono spesso modificati per adattarli a precedenti censure, tagli e/o modifiche, riguardanti la scena stessa o scene successive, per cercare di dare un senso logico agli eventi.

Tagli per programmazione
Viene eliminato lo stacco di metà episodio (che in genere consiste in un paio di immagine o in due scenette spiritose) chiamato Eye Catch e che in Giappone è utilizzato per la pubblicità e per riprendere poi con la puntata. Questo in verità non implica che altrove l'episodio venga poi trasmesso nella sua interezza. In Italia su reti Mediaset vi sono stati casi in cui una puntata veniva "spezzata" in due episodi separati (arrivando a creare, per quelle puntate originariamente suddivise in due episodi, una 1a, 2a, 3a e 4a parte), o in altri casi veniva interrotta anche più di una volta per mandare in onda gli spot pubblicitari, per poi riprendere per la sola trasmissione della sigla di chiusura. Questo tipo di taglio è quasi del tutto scomparso, dato che il codice di autoregolamentazione tv e minori stabilisce che in qualsiasi cartone animato non debba esserci alcuna pausa pubblicitaria (di conseguenza vengono comunque tagliati - anche negli anime trasmessi da MTV - gli eye catch).

Riferimenti al Giappone

Cambiamento dei nomi propri

Censura molto diffusa: i nomi giapponesi vengono cambiati in nomi italiani, americani o in altri scaturiti dall'immaginazione dagli adattatori. In alcuni casi (come per Dragon Ball o Saint Seiya) si è dato lo stesso nome a più personaggi secondari della storia. In City Hunter il protagonista, in origine Ryo Saeba, ha preso il nome stesso della serie animata, abbreviato in genere nel semplice Hunter, mentre la protagonista femminile, Kaori Makimura, è stata rinominata con un cognome italianeggiante divenendo Kreta Mancinelli.

Tutto ciò che ricorda il Giappone
Bandiere, carte geografiche, scritte, come per la maggior parte delle censure alla cultura di riferimento per motivi di comprensibilità, vengono eliminati con fermi-immagine o tagli. Spesso, nonostante la trama di un anime si svolga a Tokyo si preferisce dare alla città un nome di fantasia e non nominare mai la parola Giappone o giapponese. Un esempio limite è F - Motori in pista dove ogniqualvolta appariva una scritta in caratteri giapponesi, per esempio su un giornale, una vetrina o sui cartelloni pubblicitari a bordo pista, la scena veniva completamente eliminata, rendendo incomprensibile la trama dell'episodio. Anche i prezzi vengono tradotti ma si sceglie spesso un cambio immaginario, che addirittura varia spesso più volte nel corso di un singolo episodio. Sono inoltre tolti riferimenti alle religioni, sia a quelle più diffuse in Giappone (shintoismo e buddhismo), sia a quella cristiana.

Storia della censura degli anime in Italia
Non si sa di preciso quando sia iniziata: i primi anime trasmessi in Italia sulle reti private non furono quasi mai censurati, anche quando contenevano scene osé come in Lady Oscar e in Georgie (tuttavia quando in seguito le due serie furono replicate tutte le scene osè furono tagliate), mentre sulla televisione pubblica vennero tagliate solo alcune scene ritenute troppo violente nei cartoni robotici e fantascientifici. Il primo anime ad essere sistematicamente censurato probabilmente fu Alpen Rose, trasmesso in Italia tra il 1985 e il 1986, e che parlava della seconda guerra mondiale. Si arrivò anche a tagliare 9-10 minuti a episodio (praticamente quasi la metà dell'episodio originale). Di altre serie vennero tagliate
Il periodo dalla fine anni '80 agli anni '90

In seguito (nella seconda metà degli anni ottanta) si ebbe un diverso tipo di manipolazione degli originali, tentando di eliminare dai cartoni giapponesi ogni riferimento al Giappone e rendendo l'ambientazione della storia più generica: un esempio in tal senso è F - Motori in pista, una serie animata sull'automobilismo: al protagonista fu cambiato il nome in Patrick, la Formula J (campionato automobilistico giapponese) divenne l'europea formula 3000 e se durante la gara appariva un cartellone pubblicitario con lo sponsor giapponese questa scena veniva tagliata. A operare maggiormente su questo tipo di censure era l'allora doppiatore, nonché adattatore di dialoghi italiani, Nicola Bartolini Carrassi (conosciuto anche come Ryan Carrassi). Per lo stesso scopo in molti anime vennero eliminate o coperte le scritte in giapponese.

Un'altra serie degli anni ottanta, È quasi magia Johnny, costituendo uno degli anime più censurati insieme a Rossana e Piccoli problemi di cuore, è quello che per primo ha reso macroscopicamente evidente il problema censure agli appassionati (una scena tagliata tratta dal quinto episodio era stata inserita per ultima nel "patchwork" di immagini della videosigla italiana). Oltre a tagliare numerose scene, Mediaset non trasmise due episodi perché ritenuti non adatti ai bambini (in uno dei due episodi Johnny, ipnotizzato dalla sorella, ruba biancheria intima delle ragazze).] Uno dei responsabili della programmazione di Italia 1 in un'intervista attribuisce i "tagli" effettuati a Piccoli problemi di cuore all'esigenza di trasmettere il cartone in orario protetto senza incorrere nelle proteste del Moige. Non indenne da censure anche l'anime Che famiglia è questa Family, dove i dialoghi sono stati modificati appositamente allo scopo di nascondere alcune relazioni bisessuali dei protagonisti.

Negli anni novanta,in cui il ritmo d'importazione delle serie si era ridotto (La RAI si disinteressa quasi del tutto agli anime,mentre Mediaset non ne acquisterà altri del genere Mecha), anime come Ken il guerriero (tramesso su reti locali e syndication) e Sailor Moon (trasmesso su reti Mediaset) scatenarono molte polemiche. Nell'autunno 1996 dei ragazzi lanciarono un enorme sasso da un cavalcavia uccidendo una persona. Nelle perquisizioni condotte nelle case dei colpevoli la polizia rinvenne un poster di X-Files, fumetti di Dylan Dog, e dei manga di Ken il guerriero, ritenuto violento e quindi accusato di aver incitato a simili comportamenti. Numerose trasmissioni furono dedicate all'argomento e un giornalista affermò erroneamente che "Ken è un guerriero che lancia i sassi contro le persone". L'anno successivo, la psicologa Vera Slepoj affermò che la quinta serie di Sailor Moon sarebbe stata in grado di compromettere seriamente l'identità sessuale dei bambini. L'accusa della Slepoj era basata sulla segnalazione di alcuni genitori, i cui bambini maschi, appassionati del cartone, giungevano a identificarsi con la protagonista. [Successivamente la polemica riguardò anche la presenza delle Sailorstarlights, guerriere che, quando non combattono, sono dei ragazzi maschi in tutto e per tutto.

In conseguenza alle polemiche, la serie di Sailor Moon, già riadattata, fu ancor più modificata: in video, con vistosi fermi immagine e rimontaggi delle scene, e ancora di più nei dialoghi, sui quali il responsabile del doppiaggio, Nicola Bartolini Carrassi, operò in modo tanto esteso da stravolgere in diverse occasioni la trama originale. Nell'ultimo episodio la protagonista, coinvolta in una battaglia particolarmente violenta, si mostra alla fine in video completamente nuda: sebbene tale nudo fosse inteso come simbolico e coerente con il senso della storia, e non presentasse caratteri sessuali visibili (di fatto si trattava di un nudo simile a quello di molte bambole), venne giudicato «inaccettabile» e quindi censurato dagli adattatori.

Con la trasmissione di anime come Card Captor Sakura dal 27 settembre 1999 sembra essere terminata la censura dei riferimenti alla lingua e alla cultura giapponese, a parte l'acquisto dagli Stati Uniti di serie dove tale pratica era già stata applicata, come Yu-Gi-Oh!, Pokémon e Shaman King.
Il "periodo Moige" e ADAM Italia

Nel 2000 scoppiò il caso Dragon Ball: una madre sfogliando un numero di Dragon Ball comprato dal figlio lesse la parte in cui Bulma fa vedere le mutandine al Maestro Muten ignara del fatto che Goku gliele aveva tolte la sera prima e, considerandola non adatta ai bambini si rivolse al Moige che fece causa alla Star Comics. La scena incriminata fu accusata di favorire la pedofilia perché leggendo quella scena un bambino avrebbe potuto pensare che mostrare le mutandine a un vecchio fosse una cosa normale. Comunque nelle edizioni successive del manga la Star Comics censurò la scena.

Anche l'anime Ranma ½ è stato vittima di censura, ma MTV è riuscita a trasmettere tutte le puntate integralmente e in fascia protetta.

Negli ultimi anni si aggiungono alla liste delle censure One Piece e Naruto. Nel primo anime vengono tagliate scene di violenza e sbiadito il colore del sangue, in alcuni casi i dialoghi. In Naruto le scene di sangue sono state tagliate già a partire dal primo episodio, in altri episodi si è ricorso all'oscuramento dell'immagine oppure allo sbiadimento del colore del sangue (diventato nero ed opaco). Alcuni dialoghi sono stati rivisitati mentre alcune parole sono state edulcorate con termini più infantili: "idiota" (nell'originale baka, che vuol dire anche 'scemo') è stato sostituito da "testa quadra", e "uccidere" è stato rimpiazzato con "togliere di mezzo". Sono state inoltre censurate parolacce (ad esempio, Sakura chiama Iruka "coglione"). Inoltre nella serie si discute molto dell'umanità dei ninja,ma questo aspetto è stato eliminato,rendendoli meno umani e più "Supereroi". Dal luglio 1997 esiste un'associazione che si batte contro la censura negli anime: l'ADAM Italia - Associazione Difesa Anime e Manga, attiva soprattutto in internet, mantiene contatti con esperti del settore fumettistico o dell'animazione come il giornalista Luca Raffaelli, i Kappa Boys o anche il doppiatore/direttore di doppiaggio Fabrizio Mazzotta.

Negli ultimi anni, salvo la parentesi dei Pokémon, Dragonball, Naruto e One Piece, le emittenti sembrano accontentare i loro fan trasmettendo anime non censurati la sera. Il primo esempio fu Berserk, poi vennero la trasmissione in prima serata di un paio di film di Lupin (Tra cui Un diamante per sempre, trasmesso con sigla italiana della prima serie su italia 1 giovedì 6 settembre 2007 con il 9,37% di share), un film di Detective Conan (sabato 5 Marzo 2005, con sigla italiana), alcuni episodi di Dragon Ball, Cowboy Bebop: il film e Tokyo Godfathers alle 2.30 A.M. circa (8 ottobre 2006). La Yamato Video risulta essere tra gli sponsor del PA2, un fantomatico progetto per la messa in onda degli anime in fascia serale, da un'idea del succitato Nicola Bartolini Carrassi. MTV seguì la scia, trasmettendo in orario non protetto, previo avviso al pubblico, iniziando dalla trasmissione di Cowboy Bebop e, successivamente, dei vari Evangelion,Inuyasha, Ranma ½,Trigun senza censure.

Per quel che riguarda la RAI gli unici tentativi, dopo anni di allontanamento dalle produzioni giapponesi (dopo azioni come la rinuncia alla messa in onda delle repliche di serie come Goldrake nei periodi in cui deteneva ancora i diritti, a favore delle produzioni Disney o quella delle co-produzioni con studios giapponesi come Il fiuto di Sherlock Holmes) furono varie messe in onda di Akira su Raitre in orario notturno e di alcuni film di Dragon Ball, nel 2000-2001, su Raidue.

Censura posticcia
Esistono alcuni casi in cui l'anime è stato messo in onda prima in versione originale, poi in versione censurata. Il primo è I cavalieri dello Zodiaco, che pur comprato da Fininvest fu trasmesso tra fine anni '80 e inizio anni '90 da circuiti di tv locali come Odeon Tv e Italia 7 senza tagli. Dal 2000 Mediaset torna a trasmetterlo, ma in versione molto censurata. Infine, con le successive repliche del 2008, la serie è stata ulteriormente tagliato: tutte le scene con riferimenti al sangue sono state sbiadite e inoltre, nella sigla, è stato addirittura offuscato il rivolo di sangue che cola dalla fronte di un personaggio. L'altro caso è Dragon Ball, che fu uno dei cartoni di punta di Junior Tv: l'arrivo a Mediaset comportò una lunga serie di censure, alcune delle quali l'incomprensibile eliminazione dei caratteri katakana (si tratta di uno dei tre alfabeti nipponici e non certo simbolo di violenza o sesso) nelle sette sfere della sigla iniziale.

Ultimo caso di censura posticcia è Hunter x Hunter. La serie era stata mandata in onda in versione integrale poiché doppiata della Shin Vision e non da Mediaset. In seguito a una prematura interruzione e alla nuova messa in onda gli episodi, questi già trasmessi, e quelli inediti, sono stati censurati. Nelle scene più violente sono stati applicati tagli, rallentamenti, filtri colorati per attenuare il colore del sangue e modificazioni fino a eliminare particolari nei fotogrammi originali, i dialoghi sono stati ridoppiati e modificati ("assassino" diventa "mercenario", "uccidere" diventa "eliminare").
Eccezioni

Tuttavia, nonostante lo scenario rappresentato, esiste la serie del World Masterpiece Theater le cui opere non sono state censurate. Mentre il canale MTV trasmette anime prevalentemente in forma integrale (avvisando in caso di contenuti impropri), salvo per serie animate come Golden Boy, Abenobashi, Kenshin Samurai Vagabondo e Najica Blitz Tactics che sono state trasmesse censurate in prima serata e successivamente in forma integrale a mezzanotte, mentre ci sono stati dei casi in cui l'emittente ha censurato le parolacce (per esempio in Black Lagoon, dove più della metà dei dialoghi sono stati edulcolorati).
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